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Autorità e Libertà nel pensiero sociologico di Luigi Sturzo

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Studium Sociale
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Riassunto

L’essenza dell’autorità secondo lo Sturzo è la stessa coscienza sociale in quanto coscienza permanente, attiva, direttiva, unificatrice e responsabile (1). Al di là della considerazione del complesso fenomenologico dei fatti esterni, dei fattori materiali, è espressa dal Pensatore italiano la esigenza di pervenire alla determinazione di un principio interiore in base al quale giustificare, spiegare la concretizzazione della socialità. Pur accogliendo e riconoscendo, pertanto, la validità e la legittimità di uno studio del sociale di carattere descrittivo, tendente ad esaminare e a cogliere l’aspetto esteriore dei fenomeni umani, lo Sturzo non ha considerato conclusiva ed esauriente tale indagine. Lo studio descrittivo della realtà sociale deve essere integrato a Suo giudizio da una considerazione esplicativa della socialità, da una teoria sociologica che miri a determinare la ragione, il fondamento dal quale traggono origine e nel quale si risolvono le differenti formazioni sociali.

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Litteratura

  1. Cfr. L. Sturzo, La società, sua natura e leggi, Bergamo, 1949, p. 37.

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  2. Cfr. La vera vita, Roma, 1947, p. 94 e p. 233; Del metodo sociologico, Bergamo, 1950, Pret. p. IX; Maurice Blondel’s La Pensée: the philosophy of L’élan spirituel“, Hibbert Journal, 34. 1936.

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  3. Cfr. La società, sua natura e leggi, op cit., p. 41.

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  4. Cfr. F. Della Rocca, Itinerari sturziani, Napoli, 1959, p. III. collettivi e le più alte manifestazioni della socialità, come la libertà, l’autorità, la democrazia, le forme sociali, le loro sintesi, la legge. La utilizzazione, la estensione di tale suo principio esplicativo del sociale viene, infatti, effettuata dal Pensatore italiano con tale linearità e coerenza da indurlo a ritenere, con perfetta conseguenzialità, che l’elemento coscienziale, la razionalità, in quanto originario principio della socialità, sia intrinseco a tutte le formazioni collettive e ai processi collettivi, in quanto ne costituisce il fondamento e la forza perenne. Considerato, però, il problema della libertà sociale secondo une prospettiva che non lo esamini nel dinamismo e nella interiore dialetticità che lo caratterizzano, che non risolva l’opposizione, l’antitesi delle due configurazioni spirituali-autorità, libertà- nel criterio di unificazione rappresentato dalla razionalità dell’uomo, dalla coscienza, costituente il principio della concretizzazione della socialità, risulta insolubile. L’articolarsi della opposizione dei termini, infatti, non ha possibilità di risolversi nella unitaria, superiore sintesi della coscienza sociale, cioè del principio di unificazione delle molteplici espressioni della socialità. Ciò risulta chiaramente se si esamini la trattazione svolta dal Leclercq del problema della libertà nel suo valore sociale. Nella impostazione del Sociologo di Lovanio la soluzione della questione attinente alla determinazione dei rapporti tra contrainte e liberté è da ritrovarsi nella considerazione della autorità au service de la liberté, cioè nell’approfondimento dell’intimo repporto tra i due termini apparentemente contrastanti, ma in effetti interpendenti. L’autorità per se stessa non provoca un accrescimento, bensi una diminuizione della libertà sociale, nota il Leclercq; può, però considerarsi, sotto certi aspetti, creativa della libertà e del suo sviluppo. Nel piano strettamente materiale, infatti, con il progredire della civiltà e della disciplina sociale, si assiste ad una progressiva liberazione da parte dell’uomo di servitù varie (rappresentate da difficili condizioni di vita: malattie, analfabetismo, povertà, mancanza di un ambiente confortevole etc.) e alla sua evoluzione spirituale, in quanto esso diviene gradualmente idoneo ad assumere un criterio razionale nell’azione e a regolarsi in base alla sua libertà interiore nella condotta. Quando, perà, valori del pensiero e valori affettivi sono in gioco, aggiunge il Leclercq, la considerazione della autorità a servizio della libertà si dimostra semplice in astratto, ma appare dense di difficoltà nel piano della concretezza sociale. Dalla approfondita disamina che egli effettua della questione risulta, infatti, evidente la impossibilità di stabilire una formula uno ia valida pez le singole situazioni sociali, poichè la utilità di questa si limiterebbe all’anbito di un particolare ordine pubblico di una comunità, costituitosi in un paese per influenza dell’opinione generale. Dal Leclercq è, pertanto, sottolineata la complessità del delicato problema attinente alla libertà sociale ed è posto in luce come in taluni casi non si rilevi la utilità della limitazione della libertà ai fini dell’accrescimento della libertà stessa (considerata sotto altri aspetti) e come risultino, invece, evidenti la influenza negativa della autorità su alcune istituzioni e la impossibilità in altre di prevedere con esattezza le reali conseguenze della applicazione di date norme. Muovendo, pertanto, dalla convinzione che le problème du dosage de la contrainte et de la liberté est le plus difficile de la science sociale, au point que toutes les difficultés de la science se ramènent à celle-la (cfr. J. Leclercq, La Liberté en tant que valeur morale et sociale, in „Liberté et Verité“, Louvain, Publications Universitaires de Louvain, 1945, p. 89), il Leclercq, effettuata l’analisi del rapporta tra autorità e libertà non in astratto, ma nella concretezza sociale. ha rilevato come ineliminabili siano le contraddizioni, le difficoltà che si prospettano nella concretizzazione reale, storica dei due termini, pervenendo ad affermare: on peut dire en conclusion que le problème de la liberté sociale est un problème insoluble, si on entend par solution une formule simple applicable dans tous les cas et semblable pour tous les peuples (cfr. id id., p. 96). Una soluzione del problems attinente al rapporto tra i due termini-autorità e libertà-risulta, pertanto, irrealizzabile secondo il giudizio dello stesso Leclercq, se ricercata nel piano strettamente empirico, storico, cioè attraverso la considerazione dei suddetti termini della opposizione non nel loro ritmo dialettico, ma al di fuori del loro inserimento nella unità spirituale, rappresentata dalla razionalità, e del riferimento al loro principio originario, costituito dalla coscienza sociale.

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  5. L. Sturzo, Pluralismo strutturale e pluralismo politico, in „Bollettino di Sociologia dellystituto Luigi Sturzo“, f. 2. 1956. p. 28.

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  6. Nel piano politico, il dualismo dei principi di vita è visto dalla Sturzo sotto l’aspetto di un contrasto esistente tra l’autoritarismo statale e la posizione assunta dalla Chiesa impegnata nella lotte sociale per la affermazione dei diritti della coscienza e per la difesa della libertà umana. Dal Pensatore italiano è esaminato nel piano della concretezza storica l’articolarsi delle relazioni tra lo Stato (società politica) e la Chiesa che si svolgono in rapporto al problema della libertà umana. L’autonomia della coscienza è costantemente tutelata dall’intervento della società religiosa die si oppone alla azione unificante e accentratrice dello Stato (v. sulla valutazione della suddetta posizione sturziana i rilievi del Battaglia: Um eine neue Soziologie, in „Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie“, Band XXXVIII, 1949/50. München, p. 43–44).

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  7. Nei confronti della concezione sturziana della diarchia sociologica intesa come principio esplicativo del dinamismo storico e della formazioni sociali in concreto, cioè come legge, ipostasi dualistica costituente la ragione, il fondamento dello sviluppo storico delle società, è stato bene notato dal Marchello die il principio diarchico, pur non meritando l’accusa di esprimere una posizione deterministica, poichè consente lo svolgimento dialettico della razionalità sociale no escludendo il libero problematizzarsi della storia, non riceve, però, una piena giustificazione nella teoria sociologica del Pensatore italiano. L’opposizione allo statalismo e al monismo politico, coerentemente alle premesse da cui muove il personalismo sociale sturziano ci sembra die, secondo il giusto rilievo del Marchello, potrebbe essere espressa e garantita dai due principi rappresentati dal pluralismo sociale e dalla tendenza unificatrice, molto piu validamente che dall’intervento del principio diarchico concepito ipostaticamente (cfr. G. Marchello, Storicismo e spiritualismo. La Sociologia storicista di Luigi Sturzo, in „Rivista Internazionale di Science sociali“ pubblicata a cura della Università del Sacro Cuore, A. LVIII-Serie III-Gennaio-Febbraio 1950, vol. XXII, fasc. I, p. 66–67). Tali osservazioni critiche si presentano come pienamente valide, se riferite alla prospettiva assunta dal Pensatore italiano nel considerare la esperienza sociale in senso concretamente speculativo nella sua Sociologia integrale o storicistica concepita come scienza autonoma del tutto distinta dalla Filosofia della Storia e dalla Filosofia della società (v. L. Sturzo, La Sociologia ed il suo collegamento con le diverse scienze, in „Bollettino di Sociologia dellystituto Luigi Sturzo“, fasc. I-Aprile-Giugno 1956, p. 7). E’ noto l’atteggiamento di insofferenza manifestato dallo Sturzo nei confronti delle impostazioni filosofidie predeterminate, assunte a fondamento della scienza sociologica. La Sociologia è stata concepita dal Pensatore italiano come una disciplina fondata scientificamente su basi storicistiche, costituente una posizione razionale dello storicismo e del realismo integrale, e non come la risultante di concezioni filosofiche prestabilite.

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Nirchio, G. (1963). Autorità e Libertà nel pensiero sociologico di Luigi Sturzo. In: Specht, K.G., Rasch, H.G., Hofbauer, H. (eds) Studium Sociale. VS Verlag für Sozialwissenschaften, Wiesbaden. https://doi.org/10.1007/978-3-663-04232-7_22

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