Riassunto
Negli ultimi trenta anni circa la letteratura sulla dittatura si è sviluppata e trasformata nella letteratura sul totalitarismo.1 La cosa è perfettamente spiegabile. Ma resta il fatto che nella discussione sulla dittatura totalitaria, che è une „specie“, è restata in ombra la dittatura sic et simpliciter, che è il „genere“.2 Ne consegue, in primo luogo, che la teoria delia dittatura corne tale risulta oggi straordinariamente invecchiata, visto che il meglio di questa letteratura risale agli anni venti-trenta.3 Ne consegue, in secondo luogo, anche una qual certa fragilità delia stessa letteratura sul totalitarismo, che manca di adeguato supporto. Se ne ha la riprova nella crescente tendenza a
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Riferimenti
Cf. Sigmund Neuman, Permanent Revolution: The Total State in a World at War, N. York, Harper, 1942 (2a ed., Praeger 1965 con titolo modificato);
Hannah Arendt, The Origins of Totalitarianism, N. York, Meridian, 1951 (ed. rev. 1958);
J. L. Talmon, The Origins of Totalitarian Democracy, N. York, Praeger, London, Secker Warburg, 1952 (1965);
Carl J. Friedrich (a cura di) Totalitarianism, Cambridge, Harvard Univ. Press, 1954;
C. J. Friedrich, Z. K. Brzezinski, Totalitarian Dictatorship and Autocracy, Cambridge, Harvard Univ. Press, 1956 (ed. riv. 1965). Per una messa a punto del concetto, vedi ult. Leonard Schapiro, „The Concept of Totalitarianism“, in Survey, Autumn 1969 pp. 93–115.
Tra la scarsa e scarsamente significativa produzione in oggetto, vedi: Franz B. Neumann, „Notes on the theory of Dictatorship“, scritto incompiuto accolto nel vol. postumo The Democratic and the Authoritarian State, Glencoe, Free Press, 1957, pp. 233–56;
Otto Stammer, Demokratie und Diktatur, Berlin, Gehlen, 1955;
Maurice Duverger, De la Dictature, Paris, Julliard, 1961, che è soltanto un pamphlet di occasione. In verità, nel secondo dopoguerra i contributi più interessanti provengono da storici come Ernst Nolte, che pur non teorizzando la dittatura in generale arricchisce la nostra comprensione delie dittature fasciste. Vedine spec. Theorien über den Faschismus, Köln, Kiepenheuer & Witsch, 1967; e Die Krise des liberalen Systems und die Faschistischen Bewegungen. München, Piper Verlag, 1968.
Resta classico, infatti, Carl Schmitt, Die Diktatur, Dunker & Humblot, 1921 (ed. riv. 1928). Del pari Alfred Cobban, Dictatorship — Its History and Theory, London, Cape, 1939 (1943) resta, tra le opere di critica storica, la migliore del genere. E vedi la copiosa letteratura costituzionalistica degli anni trenta, cit. e discussa in questo saggio. contestare la validità e Putilità scientifica delia nozione di totalitarismo;4 contestazione che ha buon gioco soprattuto nella misura in cui la teoria delia specie „dittatura totalitaria“ si è sviluppata senza troppo curarsi delia fon-damenta, e cioè delia teoria del genere „dittatura“.
Un primo uso derogatorio si trova nella pubblicistica controrivoluzionaria, che imputava a Robespierre, Marat e Danton di essere dittatori. Cf. Schmitt, Die Diktatur, cit. pp. 149–152. Vedi anche il Dictionnaire Politique, Pagnerre, Paris, 1848. Tuttavia questa connotazione negativa ebbe scarsa eco, e non se ne trova pressochè traccia per tutto il secolo XIX. Lo stesso Marx, che probabilmente ricevette il vocabolo dai circoli Blanquisti, lo uso rarissimamente e in un significato sui generis. Il fatto è che per indicare un potere personale assoluto nel XIX secolo non si diceva dittatura ma „bonapartismo“ (così, per esempio, Treitschke, La Politica, trad. it. vol. II, Bari, 1918, p. 189 ss). L’uso contemporaneo non è dunque legato da nessuna continuità al precedente della rivoluzione trancese.
Machiavelli, Discorsi, I, 33, 34, 35, e II, 33; Rousseau, Contrat Social, IV, 6. Sono eccezioni alla regola dell’oblio. Montesquieu, che pur cita sempre i romani, ne ricorda la dittatura solo di passata e polemicamente (Dialogue de Sylla et d’Eucrate; Considerations, VIII, XIII; Esprit des Lois, II, 3).
Cf. J. Bainville, Les Dictateurs, Paris, 1935;
E. A. Carr, Juggernaut, The Path of Dictatorship, N. York, 1939. Secondo Cobban, op. cit., pp. 243–50, la dittatura moderna segue la rivoluzione francese e presuppone Faffermazione del principio delia sovranità popolare. E’ una tesi sostenuta con diversi argomenti anche dallo Schmitt, e che sembra da accog-liere.
Vuoi che dictator ab eo appellatur, quia dicitur, vuoi invece che il termine si colleghi a edictum, in linea generale la semantica rende l’idea di qualcuno che dispone senza consul-tarsi con altri, „senza appellagione“ e „senza consulta“ (cosi Machiavelli, Discorsi, 33). Sull’istituto romano vedi: Mommsen, Römisches Staatsrecht, II, 1, Leipzig, 1887, pp. 141–180 (ancora fondamentale, anche se la sua tesi della dittatura come riesumazione provviso-ria dell’istituto monarchico non è più accolta); Bandel, Die römischen Diktaturen, Breslau, 1910; Beloch, Römische Geschichte, Leipzig-Berlin, 1926; Meyer, Römischer Staat und Staatsgedanke, Zürich, 1948, specialmentepp. 148–150.
Op. cit., spec. pp. 2–3 e capp. I, IV.
Cf. F. M. Watkins, „The Problem of Constitutional Dictatorship“, in Public Policy, Vol. I, Cambridge, Harvard Univ. Press, 1940. Ma questa dizione investe solo di riflesso la dittatura romana: vedi infra nota 27.
Cf. Lindsay Rogers, Crisis Government, New York, 1935.
Trascuro il significato primitivo di tyrannos (che veniva usato come sinonimo di basileus, e riferito anche ai capi vittoriosi e agli dei). Si deve altresi awertireche la nozione di tirannide mantiene una certa ambiguità sino alla letteratura rinascimentale. Tuttavia la figura del tiranno è già accuratamente esaminata in Platone (spec. La Repubblica), Aristo-tele, e nel De Regimine Principum di Tommaso.
Per es. la dittatura di re Alessandro di Jugoslavia del 6 gennaio 1929. Ma il caso è chiaramente anomale Solo le circostanze e i propositi di restaurazione costituzionale di Alessandro attribuiscono una qualche proprietà alla nozione di „re-dittatore“ : in linea di principio, un sovrano che riassume i pieni poteri è semplicemente un monarca assoluto. Casi analoghi: Boris III di Bulgaria nel 1935, Carol II di Rumenia nel 1938.
Cf. supra nota 7, e ult. G. Hallgarten, Histoire des Dictatures de l’Antiquité a nos Jours, tr. fr., Paris, Payot, 1961.
In conformità a quest’uso linguístico è importante Karl Wittfogel, Oriental Despotism: A Comparative Study of Total Power, New Haven, Yale Univ. Presse, 1957.
Ma in questa associazione — e cioè quando despota veniva riferito alle monarchie europee — il termine acquistava un significato più blando. „Despotismo“ si distingueva infatti nettamente da „tirannide“ : non solo perchè il tiranno poteva essere illegittimo mentre il despota era per definizione legittimo, ma anche perchè il despota poteva essere indifferentemente buono о cattivo, mentre nel XVII-XVIII sec. il tiranno era per definizione cattivo. La distinzione tra despota e tiranno viene meno solo dopo la rivoluzione francese, stante il fatto che il principio delia sovranità popolare porta a equiparare i concetti di despota tiranno e usurpatore.
Tantovero che nell’età di mezzo „dittatore“ perde ogni riferimento e significato politico Ritroviamo un dictator alla Dieta dell’Impero: ma era il segretario dell’arcives-covo di Magonza, così detto perché nella sua qualità di archi-cancelliere „dettava“ ai cancellieri nella sala della „dettatura“. Analogamente nei collegi dei gesuiti il primo degli allievi assumeva il titolo di dictator. Ricorda anche i dictatus papae di Gregorio VII.
Nell’ 800 il termine dictatura è stato usato con una certa frequenza non da Marx ma da Comte, sia nel Cours de Philosophie Positive del 1830–42, sia nel Système de Politique Positive del 1851–54 (spec. vol. IV, capp. 4–5).
Cf. la „Introduzione“ del 1891 di Engels agli scritti di Marx sulla Comune di Parigi: e Lenin, Stato e Rivoluzione, passim. Per uno svolgimento vedi G. Sartori, Democratic Theory, New York, Praeger, 1965, cap. XVII, spec. pp. 416–30.
Su questa distinzione assai bene Norberto Bobbio, „Democrazia e Dittatura“, in Política e Cultura, Torino, Einaudi, 1955, spec. pp. 150–52.
Santi Romano, Corso di Diritto Costituzionale, Padova, Cedam, 1941, pp. 115–116: e Principii di Diritto Costituzionale Generale, Milano, Giuffrè, 1947, p. 148. Rientra in questa fattispecie il caso del generale Mac Arthur in Giappone tra il 1945–51.
Op. cit., spec. cap. 2.
Karl Loewenstein, Political Power and the Governmental Process, Univ. of Chicago Press, 1957, pp. 65–69. Loewenstein definisce la fattispecie „un regime politico nel quale la costituzione attribuisce al capo delTesecutivo-presidente un potere superiore a quello di tutti gli altri organi dello Stato… Il neo-presidenzialismo è fundamentalmente autoritario... (ma) la formazione delia volontà dello Stato rispetta le procedure previste dalla costituzione“. II caso del generale De Gaulle sembra rientrare assai bene in questa fattispecie intermedia. Un altro caso rilevante che altrimenti risulta di difficile classificazione è quello della presidenza di Hindenburg.
Per la complessità del problema cf. la mia voce „Representational Systems“, International Encyclopedia of the Social Sciences, cit., vol. XIII.
Franz L. Neumann, op. cit., p. 248.
Edward Shils, Political Development in the New States, Gravenhage, Mouton, 1962, pp. 60–67.
Cf. Clinton Rossiter, Constitutional Dictatorship — Crisis Government in the Modem Democracies, Princeton Univ. Press, 1948 (Harcourt Brace, 1963). Vedi anche F. M. Wat-kins, loc. cit.; e la discussione di Carl Friedrich, Constitutional Government and Democracy, Boston, Ginn, ed. riv. 1950, cap. XXVI („Constitutional Dictatorship and Military Government“ ), ripresa ed aggiornata nel cap. XXV della 4a ed., Waltham, Blaisdell, 1968. Da ultimo, Konrad Hesse, „Staatsnotstand und Staatsnotrecht“, in Staatslexicon, Freiburg, Herder, 1962 (6a ed.).
Così Paolo Biscaretti di Ruffia, „Alcune Osservazioni sul Concetto Politico e sul Concetto Giuridico della Dittatura“, in Arch. Diritto Pubblico, I 1936, pp. 517–518, che esattamente rileva: „La straordinarietà… che nella dittatura caratterizza l’organo, in questi casi, invece, caratterizza soltanto le funzioni dell’organo stesso“. Un caso analogo a quello dell’art. 48 costituzione Weimar è posto dall’art. 16 costituzione francese del 1958.
Così Loewenstein, op. cit., pp. 217–227. Ma era la dizione di Lindsay Rogers, cit.; e anche il sottotitolo di Rossiter (supra, nota 27).
Nella tradizione garantista resta insuperato il trattato cit. di Friedrich, Constitutional Government and Democracy. Vedi anche C. H. Mcllwain, Constitutionalism: Ancient and Modem, Ithaca, Cornell Univ. Press, 1947;
Benjamin Akzin, „On the Stability and Reality of Constitutions“, in Scripta Hierosolymitana, III, 1956, e „The Place of the Constitution in the Modern State“, in Israel Law Review, January 1967;
Giovanni Sartori, „Constitutionalism: A Preliminary Discussion“, in American Political Science Review, December 1962. Per il dibattito relativo, cf. Nicola Matteucci, Positivismo Giuridico e Costituzionalismo, Milano, Giuifrè, 1963.
Tali perchè la loro realtà „consiste solo nel formalizzare la ubicazione di fatto del potere politico ad esclusivo beneficio dei suoi detentori“(pp. cit., p. 149).
L’associazione tra dittatura e violenza caratterizza la letteratura democratica tra le due guerre. Cf. C. Mirkine-Guetzévitch, „Les Theories de la Dictature“, in Revue Politique et Parlementaire, Janvier 1934, p. 136;
e E. Cayret, „La Dictature: Essai d’une Theorie Juridique de la Dictature“, in L’Anneé Politique Française et Etrangère, Octobre 1934, p. 280. Si tratta di due scritti pregevoli, che merita ancora leggere.
E’ la tesi di M. Hauriou, Précis de Droit Constitutionnel, Paris, 1929, spec. pp. 248, 251, 252, 256; tesi accolta da Santi Romano nelle due op. cit., da Biscaretti di Ruffia, loc. cit., p. 521,e da altri.
Biscaretti di Ruffia, loc. cit., p. 495.
La dottrina del Führerprinzip non lascia intravedere, in verità, altra conclusione. Nè occorre insistere sullo scarso valore giuridico delia letteratura nazionalsocialista, indubbia-mente assai minore del suo vis a vis italiano sotto il fascismo.
Cf. R. E. Dahl, C. E. Lindblom, Politics, Economics and Welfare, N. York, Harper, 1953, parte IV;
e Ancora Dahl, „Hierarchy, Democracy and Bargaining“, in AA.W., Research Frontiers in Politics and Government, Washington, Brookings Institution, 1955.
Trascuro la questione — pur collegata — della rotazione al potere perchè si puö sempre sostenere che se le dittature non prevedono meccanismi di awicendamento al potere, questo fatto significa solo che non sono democrazie. Il che è pacifico, ma non aiuta a spiegare quale sia la differenza tra dittatura e un qualsiasi sistema autocratico. Friedrich è tra i pochi che colgono Pimportanza del problema delia successione: vedine ult. Man and his Government, N. York, McGraw-Hill, 1963, cap. 28: „Succession and the Uses of Party“ ; vedi anche Friedrich e Brzezinski, op. cit., cap. 5: „The Problem of Succession“. Qualche spunto anche in D. A. Rustow, „Succession in the Twentieth Century“, in Journal of International Affairs, 1, 1964.
Cf. Costantino Mortati, Istituzioni di Diritto Pubblico, Padova, Cedam, 1958.
F. A. Hermens, The Representative Republic, Univ. of Notre Dame Press, 1958, pp. 134–41 (trad, con il titolo Verfassungslehre, Köln, Athenäum Verlag, 1968, cap. VI).
„Notes on the Theory of Dictatorship“, loc. cit., spec. pp. 233–47.
Vedi supra note 1 e 4. Per una recente messa a punto cf. il cap. di Friedrich nel vol. cit. Totalitarianism in Perspective: „The Evolving Theory and Practice of Totalitarian Regimes“. Per una discussione vedi anche il mio vol. Democratic Theory, cit., pp. 145–157.
Duverger, De la Dictature, op. cit., spec. pp. 111–38. Ma Wieser, Das Gesetz der Macht, Wien, 1926, aveva già fermato la distinzione tra Revolutionsdiktaturen e Ordnungsdiktaturen.
Supra nota 25.
Su queste perplessità cf., tra gli altri, Richard F. Behrendt, Soziale Strategie für Entwicklungsländer, Fischer, Frankfurt a/M., 1965.
L’estrazione e il curricolo di gran parte dei „leaders rivoluzionari“ (leggi: dittatori) contemporanei puö essere ricavata da John H. Kautsky, „Revolutionary and Managerial Elites in Modernizing Countries“, in Comparative Politics, July 1969, spec. pp. 466–67. Come è comprensibile, la fattispecie piu studiata — in ordine al criterio dell’estrazione — è quella delie dittature militari, endemiche nell’America Latina e in crescendo in buona parte del continente Africano. Per una visione d’insieme, anche se di rilevanza indiretta, vedi: S. P. Huntington, The Soldier and the State, Cambridge, Harvard Univ. Press, 1957;
S. E. Finer, The Man on Horseback: The Role of the Military in Politics, London, Pall Mall, 1962;
J. F. Johnson (a cura di), The Role of the Military in Underdeveloped Countries, Princeton Univ. Press, 1962;
W. F. Gutteridge, The Military in African Politics, Gravenhage, Methu-en,1969.
La crescente diluizione delia nozione di ideología rende questo criterio di difficile applicazione. Per una strategia analítica applicabile anche al caso in esame, cf. G. Sartori, „Politics, Ideology and Belief Systems“, in American Political Science Review, June 1969.
De la Dictature, cit., parte I, spec. pp. 76–95.
Cf. T. W. Adorno et al., The Authoritarian Personality, N. York, Harper, 1950;
R. Christie, M. Jahoda (a cura di) Studies in the Scope and Method of the Authoritarian Personality, Glencoe, Free Press, 1954. Ma vedi, in generale, la voce „Personality: Political“, curata da R. E. Lane e D. J. Levinson, International Encyclopedia of the Social Sciences, cit., vol. XII.
In chiave psicologica si è scritto molto, anche se in modo poco convincente. Cf. per es. H. Cantril, The Psychology of Social Movements, N. York, Wiley, 1941; e Zevedei Barbu, Democracy and Dictatorship: Their Psychology and Patterns of Life, London, Rou-tledge & Kegan, 1956. Per la letteratura sulla società di massa che tocca più da vicino il nostro tema vedi spec.
William Kornhauser, The Politics of Mass Society, Glencoe, Free Press, 1959. Ma non va dimenticata la classica Ribellione dette Masse di Ortega y Gassett; e nemmeno E. Lederer, The State of the Masses: The Threat of the Classless Society, N. York, Norton, 1940.
Vale aggiungere che la spiegazione del perchè delie dittature non si esaurisce nelle spiegazioni sociologiche. Per una prima introduzione a questo più ampio problema vedi Norman Stamps, Why Democracies Fail: A Critical Evaluation of the Causes of Modern Dictatorships, Univ. of Notre Dame Press, 1957.
Cosí Biscaretti di Ruffia, loc. cit., p. 495.
Cf. L’Influenza Sovietica suW Occidente, tr. it. Firenze, Nuova Italia, 1950, passim.
E’ la tesi di fondo di Carl Schmitt, op. cit. spec. p. 144; tesi seguita, tra gli altri, da Santi Romano e dal Biscaretti di Ruffia.
Competenza costituente che venne esplicitamente sanzionata, in Italia, dalle leggi 9 dicembre 1928, n. 2693 e 14 dicembre 1929, n. 2099, che attribuivano veste di organo costituzionale al Gran Consiglio del Fascismo, al quale veniva demandata una funzione consultiva obbligatoria per gli atti del Capo del Governo aventi carattere costituzionale. Occorre ricordare che tra questi atti si anno vera addirittura, nel 1939, la creazione (costituente) della Camera dei fasci e delle corporazioni? Ancor più scopertamente, in Germania, l’art. 4 legge 31 gennaio 1934 votata dal Reichstag attribuiva al Cancelliere un potere discrezionale di modificare la costituzione motu proprio. Lo stesso vale per la costituzione sovietica: dove e quando finisce il potere costituente di Stalin e dei suoi successori?
Da una mappa analítica dei regimi politici esistenti (al dicembre 1969) si ricava che, su un totale di 125 stati, circa 56 sono classificabili come dittature, laddove i regimi che danno affidamento di stabilità democratica sono aU’incirca 30 (i restanti 39 Stati sono in bilico о a mezza strada). Per quanto impressionistico, il quadro è impressionante. Lo ricaviamo da S. E. Finer, Comparative Government, London, Allen Lane Penguin Press, 1970, PP. 575–585.
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Sartori, G. (1971). Appunti Per Una Teoria Generale Della Dittatura. In: von Beyme, K. (eds) Theory and Politics / Theorie und Politik. Springer, Dordrecht. https://doi.org/10.1007/978-94-015-1063-9_23
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