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Filippo Baldinucci

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Part of the book series: Utrechtse Bijdragen tot de Kunstgeschiedenis ((UDK,volume 2))

Abstract

In 1686 Abbot Filippo Baldinucci published in Florence, Cominciarnento, e progresso dell’arte dell ‘intagliare in rame, colle vite di molti de’ più eccellenti Maestri della stessa Professione; it is the first extensive historical treatise on engraving and etching, and is comprised of a series of biographies of the most excellent graphic artists. This type of art historical writing rests heavily upon the framework which Vasari erected in his famous Vite; but unlike Vasari, the Florentine Abbot did not limit his study to Italian artists. Marcantonio Rai-mondi, Antonio Tempesta, Stephano della Bella and Pietro Testa were the only Italians included among the eighteen masters whose lives and works were discussed. Dürer and Aldegrever represented the Germans; Callot, Nanteuil and François Spierre, the French; Johann, Raphael and Egidius Sadeler, three members of the distinguished family of engravers and publishers from Antwerp were chosen; and from the North Netherlands Baldinucci singled out Lucas van Leyden, Hubert and Hendrick Goltzius, Abraham Bloemaert, J. Saenre-dam and Rembrandt.

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References

  1. The final volume of Notizie de’Professori del disegno da Cimabue in qua, per le quali si dimonstra come e perche le hell arti di Pittura, Sculttira e Architettura, lasciata la rozzezza della maniere greca e gottica si siano in questi secoli ridotti alVantica loro perfezione appeared in 1728, thirty-two years after Baldinucci’s death.

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  2. Filippo Baldinucci, Vita del Cavaliere Lorenzo Bernino, scultore, architetto e pittore, Alla Sacra e Reale Maesta di Cristina Regina di Svezina, Florence: 1682.

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  3. Cf. Schlosser, op. cit., 417–421, for a discussion of Baldinucci’s work.

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  4. Maurice Vaes, “Cornelis de Wael,” Bulletin de l’Institut historique belge de Rome, V (1925), 232, “10. Un libro con dentro 64 stampe de Reimbrant grandi e piccole; 14. Una carta don dentro 24 stampe del Reimbrant...; 15. Un altra carta con dentro frenta varie stampe di Reimbrant; 30. Sedici stampe di Reimbrant grandi e piccole.” The numbers refer to items listed in Inventarium bonorum haereditatis Q. Cornelii de Wael Flandri, Appendix IX of Vaes’ article.

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  5. F. Winkler in a review of Vaes’ article in Repertorium für Kunstwissenschaft, LI (1930), 44, wrote that De Wael’s prints were: “...anspruchlose sittenbildliche Folgen etwa auf der Stilstufe des jungen Rembrandt.” Wael’s prints are indeed unpretentious; but traces of stylistic similarities with Rembrandt’s early work are rather remote.

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  6. Cf. article in Thieme-Becker, signed H(ans) V(ollmer), XXXV, 18.

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  7. Filippo Baldinucci, Cominciamento, e progresso delVarte delVintagliare in rame, colle vite di molti de’più eccellenti Maestri delia stressa Professione, Florence: 1686, p. 80: “Quello, in che veramente valse quest’ artefice, fu una bizzarrissima maniera, ch’egli s’inventò d’intagliare in rame all’ acqua forte, ancor questa tutta sua propria, ne più usata da altri, ne più veduta, cioè, con certi freghi, e freghetti, e tratti irregolari, e senza dintorno, facendo però risultare dal tutto un chiaro scuro profondo, e di gran forza, ed un gusto pittoresco fino all’ ultimo segno; tignendo in alcuni luoghi il campo di ñero affatto, e lasciando in altri il bianco delia carta, e secondo il colorito, che e’volle dare agli abiti delie sue figure, o ai vicini, o ai lontani, usando talvolta pochissim’ombra, e talvolta ancora un semplice dintorno, senz’altro più. E vaglia la verità, il Rembrandt in questo suo particular modo d’intagliare fu da’professori dell’arte assai più stimato, che nella pittura, nella quale pare, ch’egli avesse, corne sopra dicemno, più tosto singolarità di fortuna, che d’eccellenza.” Baldinucci’s life of Rembrandt is also reprinted in Urk., 360. A free English translation is given in Borenius, op. cit., 22–23.

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  8. Also see Emile Michel, “Francesco (sic) Baldinucci et Les Biographes de Rembrandt,” Oud Holland, VIII (1890), 160–172.

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  9. Baldinucci, op. cit., 80: “Ne’ suoi intagli uso per lo più di notare con mal composte, informi, e strapazzate lettere, la parola Rembrandt.”

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  10. Ibid.,78.

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  11. Ibid., 78: “In Italia, per quello solamente, ch’é venuto a nostra cognizione, sono due quadri di sua mano, cioè ; in Roma nella Galleria del Principe Panfilio una testa d’uomo di poca barba, con un turbante in capo, ed in Firenze nella Real Galleria nella stanza de ritratti de’ pittori, il proprio ritratto suo.”

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  12. Ettore Sestieri, Catalogo delia Gallerina ex-fide commissaria Doria Pamphilj (Rome: Palazzo Doria-Pamphilj, 1942) has accepted none of the attributions of pictures in the Doria to Rembrandt. The Shepherd with a Bagpipe, No. 311, (Gat. 1922, No. 296, 311), .75 x .64, Sestieri calls “Incognito, Sec. XVIII... Raffigurato a mezzo busto, volte versa sinistra, il capo reclinato, ornato di foglie. Un vello caprino, gettato sulla spalla destra, gli lascia scoperta porte del petto. Siringe nella mano una zampogna e un bastone. La tela reca a destra, una scritta: Rembrandt f. 1649, delia dubbia grafia, e che malgrado qualche favorevole parere (Rusconi-Frizzoni) non presenta alcun carattere di attendibilita. Gli elementi del dipinto del tutto estranei all arte di Rembrandt ce ne offrono la più sicura conferma. Devesi dunque credere ad una vera e propria contraf-fazione, almeno per quanto riguarda la firma. Per il quadro, non senza verisimiglianza il Venturi ha accennato che possa risalire a Luca Giordano (Guido del Touring Club Italiano (Milan: 1925), 264).

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  13. I potesi che la facile scorrevolezza di pennello, insieme alle accese colorazione del volto, rendomo plausible.” The Portrait of an Old Man, No. 177, (Cat. 1922, No. 105, 177) .75x.60, was attributed to Rembrandt by J. O. Kronig, “Un Rembrandt sconoscuito a Roma,” Bolletino d’Arte (1921–22), 145. Sestieri gives it to “Strozzi, Bernardo — (Scuola di)... Raffigurato a mezzo busto, visto quasi di faccia, il volto formto di lunga barba canuta. Nella serie dei Filosofi e Personaggi celebri, esistente in questa Raccolta, e alla quale certo si recollega, il quadro rappresenta Fesemplare più note vole e riuscito. L’antore vi rivela un accentuato studio dei fiamminghi tanto che il Kronig credette, erroneamente, di attribuirlo al Rembrandt.” This painting belongs to the same series as Nos. 143, 171, 172, 180, 181, 184, 185, 186.

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  14. H. Voss, “Bemerkungen zu Seicentisten in Römischen Galerien,” Repertorium für Kunstwissenschaft, N.F. III (1910), 215, wrote: “Die Zuschreibung an Strozzi ist absolut willkurlich; in Wahrheit ist der Stil der Bilder römisch oder neapolitanisch.” A third Doria picture, Portrait of a Man with a Turban, No. 271, (Gat. 1922, No. 249, 271), .44 x.34, was attributed to Rembrandt by Hofstede de Groot. “Varia omirent Rembrandt — Geen Rembrandt in de Galerij Doria Pamfili te Rome,” Oud Holland, XIX (1901). Of this picture Sestieri writes: “Incognito Genovese, Sec. XVII... Raffigurato a mezzo busto, vol to di tre quarti verso sinistra, lo squardo diretto al riguardante. Sul capo un turbante bianco e rosso. Attribuito nel Gat. fide commissario al Rubens, si deve escludere questa attribuzione per assoluta deficienza qualitativa. Le pennellate lunghe, construttive e la intonazione accesa, proprie all’ambiente pittorico dello Strozzi, ne indicano vice versa quale autore un maestro genovese del ‘600.”

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  15. A fourth picture, suggested by J. Six “Een Rembrandt te Rome,” Oud Holland, XVIII (1900), 188–9, was rejected by Hofstede de Groot in the article cited above. The author is indebted to Prof. J. Q. van Regieren Altena for lending him his copy of the Sestieri catalogue, which is, unfortunately, not easily available.

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  16. Cf. page 65 above. There are two other Rembrandt Self-portraits in Florence. One of them, (HdG 539; Bred. 45), may have been acquired by Cosimo III, the nephew of Cardinal Leopold, when he was in Holland in 1667; cf. page 64 above. The other, dated 1634, (HdG 538; Bred. 20), came to the Pitti in 1818.

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  17. Cf. page 65 f. above.

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  18. Roberto Longhi, “Monsù Bernardo,” Critica d’Arte, III (1938), 121 f. is responsible for establishing the artistic personality of Keil. Longhi separated Keil’s work from that of Antonio Amorosi (c. 1660–1740), a painter of small Rococo bucolic scenes.

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  19. Also cf. Vitale Bloch, “‘Monsù Bernardo’ in het Mauritshuis,” Maandblad voor Beeidende Kunst, XXII (1946), 77 f. Baldinucci quotes Keil as a direct source for information on the amount of money paid for a Rembrandt drawing, see page 110, note 4, below. And at the end of the biography Baldinucci gives Keil credit for material used in his life of Rembrandt when he wrote: “Questo è quanto abbiamo fin qui potuto rintracciare di notizia di quest’artefice da chi in quel tempo il conobbe, e familiarmente il practico... Restarono alcuni, ch’erano stati quoi discepoli, cioè il soprannominato Bernardo Keillh di Danimarca...” Baldinucci, op. cit., 80. Further evidence that Keil is the source referred to is found in Baldinucci’s statement that Keil “...stato otto anni nella sua (Rembrandt’s) scuola...” Ibid., 79. Baldinucci writes more explicitly in his biography of Keil in Notizie de 3 Professori del disegno da Cimabue in qua opera (Milan: 1812), VIII, 414–415, that Keil went to Amsterdam when he was 18, worked with Rembrandt for two years, after which time he worked in Uylenburg’s Academy for three years, and that he continued to keep in contact with Rembrandt. In light of this protracted association with Rembrandt and his circle one wonders how much of a hand Keil had in the Rembrandt school pieces which are dated in the forties. For Rembrandt’s connection with Uylen-burg cf. p. 160, note 4.

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  20. Baldinucci, op. cit., 78: “Costui avendo dipinta una gran tela, alla quale fu dato luogo nell’ Alloggio de’ Cavalieri forestieri, in cui aveva rappresentata un ordinanza d’una di quelle compagnie di Gittadini, si procacciò si gran nome, che poco miglioro l’acquistò giammai altro artefice di quelle parti. La cagione di ciò fu più che ogni altra, perch’egli fra l’altre figure aveva fatto vedere nel quadro un Capitano, con piede alzato in atto di marciare, e con una partigiana in mano, cosi ben tirata in prospettiva, che non essendo più lunga in pittura di mezzo braccio, sembrava, da ogni veduta, di tutta sua lunghezza.”

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  21. See page 129 below.

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  22. Baldinucci, op. cit., 78: “...il rimanente però, avuto riguardo a quanto doveva volersi da uomo tanto accreditato, riusci appiastrato, e confuso in modo, che poco si distin-gueuano l’altre figure fra di loro, tutto che fatte fossero con grande studio dal naturale.”

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  23. Ibid., “Di quest’opera, della quale per ventura di lui gridò quell’età, ebbe egli 4000. scudi di quella moneta, che giungono a compire il numero di circa a 3500. de’nostri Toscani.” Cf. page 6f. above for a discussion of the amount of money Rembrandt received for the picture.

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  24. Gf. R. Longhi, op. cit., passim; V. Bloch, op. cit., passim.

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  25. Baldinucci, op. cit., 78: “In casa un Marcante del Magistrato condusse molte opere a olio supra muro, rappresentanti favole d’Ovidio.” It is improbable that Rembrandt painted in oil on a wall ; the reference is probably to Rembrandt paintings of scenes from Ovid.

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  26. Ibid., 79: “Questo pittore, e intagliatore insieme... fecesi una maniera, che si può dire, che fose interamente sua, senza dintorno si bene, o circonscrizione di linee interiori, ne esteriori, tutta fatta di colpi strapazzati, e replicati con gran forza di scuri a suo modo, ma senza scuro profondo.”

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  27. Baldinucci, op. cit., 80: “...Goubert Flynk d’Amsterdam, e questi nel colorito sequito la maniera del maestro, ma assai meglio dintornò le proprie figure...” Keil and Dou are the only other Rembrandt pupils mentioned by Baldinucci.

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  28. Ibid., 79: “E quel che si rende quasi impossibile a capire si è, come potesse essere, ch’egli col far di colpi operasse si adagio, e con tanta lunghezza, e fatica conducesse le cose sue, quanta nessun’ altro mai. Avrebbe egli potuto fare gran quantità di ritratti per lo gran credito, chV s’era procacciato in quelle parti il suo colorito, al quale però poco corrispondeva il disegno; ma l’essersi già fatta voce comune, che a chi voleva esser ritratto da lui conveniva lo stare i bei due, e tre mesi al naturale, faceva si che pochi si cimentavano. La cagione di tanta agiatezza era perchè subito, che il primo lavoro era prosciugato, tornava a darvi sopra nuovi colpi, e colpetti, finchè talvolta alzava sopra tal luogo il colore poco meno di mezza dito; onde si può dir di lui, ch’e5 faticasse sempre senza riposo, molto dipignesse, e pochissime opere conducesse.”

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  29. Sandrart, op. cit., Part II, Book III, 302; Peltzer, op. cit., 171: “Er (Miereveit) hat selbst zum oftern gedacht, dass er wol zehntausend Contrafate verfärtiget, worunter viele Königliche, Fürstliche, Gräfliche und andere Standspersonen, fürdern etliche er 150 Gulden, für andere mehr oder weniger bekommen...”

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  30. Baldinucci, op. cit., 79: “...contuttociò mantennesi egli sempre in tanta stima, che un suo disegno, nel quale poco, o nulla si scorgeva, come racconta Bernardo Keillh di

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  31. Danimarca, pittore lodatissimo, che opera in Roma, stato otto anni nella sua scuola, fu venduto all’incanto por trenta scudi.”

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  32. Urk., 350. The inventory also lists seven paintings by Rembrandt.

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  33. Baldinucci, op. cit., 78: “...Reimbrond Vanrein... nato 1606... nato in Leida.”

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  34. Ibid., 78–9: “Quest’ Artefice professava in quel tempo la Religione dei Menisti, la quale, tutto che falsa ancor’ ella, è pero contraria a quella di G alvino, perchè non usano battezzarsi, che di 30. anni. Non eleggono Predicanti lettetati, ma si vagliano a tale ufico d’uomini di vile condizione, purchè da loro siano stimati, come noi diremmo, Galan-tuomini, e Giusti, e nel resto vivono a lor Capriccio.” Ibid., 80: “Se poi egli perseverasse in quella sua falsa Religione non è venuto a nostra cognizione.” Jakob Rosenberg reviews Rembrandt’s relation to the Mennonites in his monograph on the artist and concludes: “From the various records still extant as to the church affiliations in Rembrandt’s family one cannot come to any definite conclusions for or against assuming his adherence to the Mennonite creed”; Rosenberg, op. cit., I, 225, footnote 25. Rosenberg, Ibid., 112, also notes: “With all the evidence, outward and implied, that can be brought to prove Rembrandt’s sympathy toward the Mennonites, it would be a false assumption to consider his religious art as based exclusively upon their creed.”

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  35. At the head of each chapter in the Cominciamento, e progresso delVarte delVitagliare in rame, Baldinucci listed the teacher of each graphic artist discussed; for Rembrandt he wrote: “Discepolo di...”

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  36. Baldinucci, op. cit., 79: “Questo pittore, e intagliore insieme, siccome fu molto diverso di cervello dagli altri uomini nel governo di se stesso, così fu anche stravaggantissimo nel modo del dipignere...”

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  37. Ibid., “Conquesta sua stravaganza di maniera andava interamente del pari nel Rem-brant quella del suo vivere; perch-egli era umorista di prima classe, e tutti disprezzava... Quando operava non avrebbe data udienza al primo Monarca del mondo, a cui sarebbe bisognato il tornare, e ritornare, finchè l’avesse trovato fuori di quella faccenda.”

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  38. Experts of Señor Andrada’s testimony before the notary Adriaen Lock are published in Urk., 154. The statement is dated February 23, 1654.

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  39. Gf. p. 23 above.

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  40. Baldinucci, op. cit., 79: “Lo scomparire, che faceva in lui una faccia brutta, e plebea, era accompagnato da un vestire abietto, e fucido, essendo suo costume nel lavorare il nettarsi i pennelli addosso, ed altre cose fare, tagliate a questa misura.”

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  41. Ibid., 79–80: “Visitava spesso i luoghi de’pubblici incanti, e quivi fuceva procaccio d’abiti d’usanze vecchie, e dismesse, purchè gli fossero paruti bizzarri, e pittoreschi, e quegli poi, tutto che talvolta fossero stati pieni d’immondezza, appiccava alle mura nel suo studio tra le belle galanterie, che pure si dilettava di possedere, corne sarebbe a dire, ogni sorta d’armi antiche, e moderne, come frecce, alabarde, daghe, sciable, coltelli, e simili; quantita innumerabile di disegni, di stampe, medaglie, ed ogn’altra cosa, che e’credeva poter giammai bisognare ad un pittore.”

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  42. Ibid., 80 : “Merita egli però gran lode per una certa sua, benchè stravagante bontà, cioè chè par la stima grande, che e’faceva dell’arte sua, quando si subastavano cose appartenenti alla medesima, e particularmente pitture, e disegni di grand’uomini di quelle parti, egli alla offerta ne alzava tanto il prezzo, che non mai trovavasi il secondo offerente, e diceva far questo, per mettere in credito la professione.”

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  43. Ibid., “Era anche assai liberale nell’imprestare quelle sue miscee ad ogni pittore, a cui per far qualche lavoro fossero abbisognate.”

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  44. Ibid., 80 : “Gonquesti suo intagli egli giunse a posseder gran ricchezza, a proporzione della quale si fece sì grande in lui l’alterigia, e’l gran concetto di se stesso, che parendogli poi, che le sue carte non si vendesser più il prezzo, ch’elle meritavano, pensò di trovar modo d’accrescerne umversalmente il desiderio, e con intollerabile spesa fecene ricom-perare per tutta Europa quante ne potò mai trovare ad ogni prezzo, e fra Faltre una ne comperò in Amsterdam all’incanto per 50. scudi, ed era questa una Resurrezione di Lazero, e ciò fece in tempo, ch’egli medesimo ne possedeva il rame intagliato di sua mano. Finalmente con tal bella invenzione diminuí tanto suo avere, che si ridusse all’estremo, ed occorse a lui cosa, che rare volte si racconta di altri pittori, cioè, ch’ei diede in fallito; onde partitosi d’Amsterdam, si porto a’servigj del Re di Svezia, clove circa all’anno 1670, infelicemente si morì.”

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  45. The bankruptcy inventory of 1656 (Urk., 169) only lists: “238. Noch een boeck van all de wercken (etchings) van Rembrant” and a few items such as “235. Een Oostindie& benneken (basket) daar in verscheijde prenten van Rembrant, Hollaert (Hollar), Gocq en andere meer.”

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  46. For a discussion of Rembrandt’s monetary problems cf. Jan Veth, “Rembrandt’s ver-warde zaken,” De Gids (1906), 14–37; J. F. Backer, “Rembrandt’s boedelafstand,” Else-vier’s Maandschrift, LVII (1919), 1–17; 97–112; 173–182;

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  47. J. F. Backer, “Les tracas judiciaires de Rembrandt,” Gazette des Beaux-arts IX (1924), 237–248; X, 219–240; 361–368; XI (1925), 50–60;

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  48. W. R. Valentiner, “Rembrandt’s Landscape with a Country House,” Art Quarterly, XIV (1951), 341–347.

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  49. In light of the fact that the Julius Civilis painting turned up in Sweden, and since Baldinucci had contact with those who could give him information about „ Sweden — Queen Christina commissioned his life of Bernini — one is tempted to entertain seriously Baldinucci’s contention that Rembrandt went to Sweden; but the Civilis picture only appeared in Stockholm around 1785, and the interesting Queen cannot be considered an impeccable source of information. The picture was given to the Academy in Stockholm in 1798 by Mrs. Peill-Grill, the last member of the Peill family; it has been said that this family helped the sick Rembrandt during his stay in Stockholm. (Ath. Coquerel, Rembrandt... Paris, 1869, p. 148–149).

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  50. Rembrandt was buried in Amsterdam on Oct. 8, 1669. Cf. Urk., 307.

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Slive, S. (1953). Filippo Baldinucci. In: Rembrandt and His Critics 1630–1730. Utrechtse Bijdragen tot de Kunstgeschiedenis, vol 2. Springer, Dordrecht. https://doi.org/10.1007/978-94-015-0838-4_8

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