Riassunto
Il primo trapianto di rene fra soggetti viventi fu effettuato nel dicembre 1954, a Boston, e coinvolse due gemelli. Fu questo un evento cruciale in un’epoca pionieristica, poiché poco si sapeva della compatibilità tissutale, della conservazione degli organi e della terapia immuno-depressiva. Negli ultimi trent’anni molto è cambiato, al punto che questa tipologia di trapianto da pratica chirurgica con successi limitati è divenuta un valido strumento terapeutico con rischi assai ridotti e vantaggi specifici1. Anche il dibattito scientifico a essa relativo risulta assai ricco: dall’ambito strettamente medico per ciò che concerne le procedure da adottare e la problematica del rigetto, al campo etico relativamente alle tematiche della liceità del prelievo; dal settore giuridico per quel che riguarda la normativa2, alla sfera più strettamente psicologica. è proprio su quest’ultimo aspetto che vogliamo soffermare la nostra riflessione, e ciò sia in ragione delle finalità del presente volume sia a causa dell’indeterminatezza che ancora aleggia sulla valutazione del donatore, nonostante sia circa un decennio che i Centri trapianti richiedono le valutazioni psicologiche dei candidati alla donazione di rene, in accordo con le linee guida per il trapianto renale da donatore vivente elaborate dal Centro Nazionale Trapianti (CNT)3.
Il trapianto di rene da donatore vivente presenta concreti vantaggi rispetto a quello da donatore cadavere: è programmabile, può essere effettuato prima dell’inizio del trattamento dialitico, presenta una ripresa funzionale di norma più rapida grazie alla riduzione dei tempi chirurgici, ha un rischio ridotto di rigetto e consente migliori risultati in termini di sopravvivenza sia del paziente sia dell’organo trapiantato.
In riferimento agli aspetti normativi del trapianto d’organi relativi alla donazione da vivente, citiamo il DPR 458 del 1967: “Trapianto del rene tra persone viventi”, che introdusse un’importante novità in tema di donazione di organi. Per la prima volta, infatti, venne disciplinato il trapianto di un organo tra persone viventi in deroga all’articolo 5 del Codice civile, che vieta rigorosamente gli atti di disposizione del proprio corpo quando da questi derivi un danno permanente. La Legge n. 458 del 26 giugno 1967, pertanto, disciplina il prelievo di rene da donatore vivente. La legge italiana, come in Grecia e in Spagna, specifica i requisiti che deve avere il donatore. Rispetto alle legislazioni europee, la legge italiana può essere riconosciuta tra le più garantiste e dettagliate, poiché non solo rispetta l’esecuzione del trattamento medico-chirurgico su adulto consenziente, ma vieta in modo assoluto che un minorenne o una persona incapace di intendere e di volere possa approvare atti di disposizione del proprio corpo che ledano l’integrità psicofisica in maniera permanente. Occorre precisare che in Norvegia, per esempio, il donatore può essere minore, mentre la Svezia approva la donazione da un incapace. In Portogallo l’espianto di organi è previsto anche in soggetti incapaci per infermità mentale.
Il 20 marzo 2009 si è svolto a Roma il primo convegno nazionale organizzato dalla Società Italiana di Psicologia e Psichiatria dei Trapianti d’Organo (SIPsiTO), finalizzato principalmente alla presentazione a al confronto delle esperienze in ambito trapiantologico, per promuovere l’omogeneità degli interventi relativi agli aspetti psicologici implicati in questo contesto.
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Saita, E., Zanini, S. (2011). Donare un rene: le determinanti della scelta. In: La donazione in Italia. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-1932-4_27
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