Riassunto
È facile verificare parlando con altri, ma anche esplorando entro noi stessi, quanto sia “naturale” pensare lo spazio come un contenitore vuoto entro cui si muovono i corpi. Eppure un simile modo di pensare lo spazio era sconosciuto e del tutto “innaturale” prima della rivoluzione scientifica. Per rendersene conto è sufficiente affrontare il tentativo di spiegare il concetto di “luogo” secondo Aristotele: è difficile, persino difficilissimo, illustrare un concetto che pure è stato comunemente accettato per tanti secoli, e che oggi appare curioso o addirittura stravagante. Viceversa il concetto di spazio che oggi è per noi spontaneo — inteso come il contenitore vuoto di tutti i corpi esistenti — ha soltanto pochi secoli di vita e anche quando si è vagamente affacciato in epoche precedenti è stato per lo più respinto come inaccettabile. Il concetto “moderno” di spazio è stato formulato in modo rigoroso da Newton. Possiamo richiamarne la definizione attraverso le parole di un filosofo inglese contemporaneo di Newton:
Noi concepiamo lo Spazio come ciò in cui tutti i corpi sono posti [...] che è completamente penetrabile, che riceve in sé tutti i corpi e non rifiuta l’ingresso a nulla; che è immobilmente fisso, incapace di alcuna azione, forma o qualità; le cui parti è impossibile separare l’una dall’altra, mediante qualsiasi forza per quanto grande; ma lo spazio stesso restando immobile, riceve le successioni delle cose in moto, determina le velocità dei loro moti e misura le distanze delle cose stesse. [1]
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Bibliografia
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Israel, G. (2011). L’origine dell’idea moderna dello spazio tra matematica, fisica e teologia. In: Matematica e cultura 2011. Matematica e cultura. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-1854-9_18
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