Estratto
Giò conservava un certo amore per il caffé. In anni passati, ne beveva molti; se li gustava, sorbiva, coccolava, preferibilmente in compagnia. A quattordici anni era riuscito a convincere i suoi a regalargli una macchina per l’espresso. Avevano finto che fosse un acquisto per tutta la famiglia, in realtà era sua a tal punto che, quando sua madre se n’era andata, la macchinetta era rimasta con Gió, senza alcuna discussione. E sua madre era sempre stata una gran bevitrice di caffé, “Il caffé è il carburante di una buona traduzione”, a differenza del padre che lo beveva con troppo zucchero, la bocca stretta e quasi per dovere. Il divorzio dei genitori aveva lacerato tutto, ma non il legame tra Giò e la macchinetta, non i ricordi d’lvrea. Quella mattina si era svegliato con qualcosa per la testa, era certo che non fosse un sogno, ma proprio un ricordo, uno di quelli che ti sovvengono d’un tratto, senza motivo; una sinapsi riposata dalla notte li tira fuori da un qualche meandro del cervello che all’insaputa di tutti li conservava. Era il ricordo di due occhi come carte assorbenti, che facevano loro ogni piccolo dettaglio, Giò non sapeva di chi fossero, ma certamente erano occhi che cambiavano il corso delle cose. A questo pensava mentre armeggiava con la macchinetta, che non era più quella, ma l’altra.
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Gouthier, D. (2007). Désormais ovvero La ragazza dagli occhi neri. In: Tutti i numeri sono uguali a cinque. i blu. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-0712-3_20
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DOI: https://doi.org/10.1007/978-88-470-0712-3_20
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