Riassunto
Che l’eroe tragico, e specialmente quello di Sofocle, sia solo — solo con se stesso perfino in presenza d’altri — è un fatto risaputo, inevitabile1. Questa solitudine dell’eroe ha molti aspetti, nel senso che si realizza nei testi delle tragedie in modi diversi. È possibile che uno di questi aspetti sia il rapporto dell’eroe con lo spazio. Con lo spazio: con i luoghi, con gli ambiti dell’azione, o che prefigurano situazioni o caratteristiche dell’azione. Sulla scena gli eroi sono fuori, lontano, oppure, se sono dentro, quel dentro in cui si trovano non è proprio come loro lo vorrebbero o se l’immaginano, o non è quello che loro pensano che sia. Cosi, per esempio, Filottete e Aiace sono lontani, fuori, separati dall’oikos dal quale provengono e perfino dai compagni d’armi; l’Edipo che raggiunge supplice Colono è un esiliato, uno che rinnega il luogo dal quale proviene; l’altro Edipo, il tiranno di Tebe, sposo di Giocasta, ignora di essere a casa sua, nell’oikos in cui vive, e non sa che non era casa sua l’oikos dal quale era fuggito perché credeva che lo fosse; il luogo che condividono Antigone e Creonte è diversamente concepito da ciascuno dei due; quanto a Oreste, egli arriva a casa sua e si nasconde, fa come se non fosse casa sua, contrariamente a ciò che aveva fatto Agamennone, che c’era tornato, ma non era l’oikos che lui immaginava — tanto erano cambiate le cose senza che lo sapesse.
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Miralles, C. (2003). Ambienti, luoghi, spazi nelle Trachinie. In: Il dramma sofocleo: testo, lingua, interpretazione. J.B. Metzler, Stuttgart. https://doi.org/10.1007/978-3-476-02909-6_14
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DOI: https://doi.org/10.1007/978-3-476-02909-6_14
Publisher Name: J.B. Metzler, Stuttgart
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