«Dramma»

Riassunto

Tragedia e commedia imitano persone che agiscono, come dimostra, nota Aristotele, l’uso per entrambe della parola δρα̑μα, «dramma», che viene da δράω), «agire». Alla prima occorrenza del plurale di quel nome (1448a28) Abū Bis̆r s’accontenta della trascrizione darāmāṭā²⁶, e così δράματα, fatto singolare dal siriaco, entrerà nella lista dei generi poetici greci stilata da al-Fārābī nei Canoni della poesia²⁷ e riprodotta da Avicenna nella sezione del suo Kitāb as̆-s̆ifāʼ (Liber sufficientie) dedicata alla poetica²⁸. Ma più avanti il traduttore identifica i δράματα, che Omero avrebbe composto, anzi il siriaco darāmāṭā, con nas̆īd²⁹, che si applica alla esecuzione di una poesia di fronte ad un uditorio: presso gli arabi cristiani nas̆īd significava «inno»³⁰, e Abū Bis̆r, un cristiano, conosceva certamente la splendida poesia siriaca che veniva cantata nelle sue chiese. Infine l’espressione ἔξω του̑ δράματος (1453b32; 1454b3), «fuori del dramma», diventa «fuori della qayna»: qayna, che in arabo designa la giovane schiava le cui virtù canore incantavano da sempre, afferma al-Ǧāḥiẓ, arabi e non arabi³¹ qui riproduce il siriaco qinṭā, che vuol dire «canto»³², e di fatto qayna traduce sia μέλος (1450a14) sia κoμμός (1452b24); allo stesso modo έν τοι̑ς δράμασιν (1455b15; 1456a14–15) è reso con fī l-qaynāt, «nei canti»³³. Prima di Abū Bis̆r, intorno alla metà del IX secolo della nostra era, un cristiano di Baalbek, Qostā ibn Lūqā, aveva tradotto in arabo i Placita philosophorum attribuiti a Plutarco³⁴.