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In Bed with the Infidel: Fathers, Slaves, and Children

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  • First Online:
Negotiating the Art of Fatherhood in Late Medieval and Early Modern Italy

Part of the book series: The New Middle Ages ((TNMA))

  • 181 Accesses

Abstract

The last chapter contributes to the growing field in the international history of slavery. The presence of women labeled as non-Christians, and often used as sex slaves, in the homes and beds of Italian patriarchs challenged the religious, ethnic, and even gender boundaries of late medieval and early modern culture in communal Italy in a concrete, quotidian fashion; poets responded to these transgressions in different ways that varied from theological justifications to condemnation of male hypocrisy and even idealized epic relationships between non-Christian women and Italian lords.

While Italian writers often described domestic slaves of so-called Tartar or Saracen ancestry as lascivious infidels, the female heroines from those lands in the romance epics provided a prestigious fictional history for racialized women, which validated patriarchs’ inclusion of the progeny of non-Christian slaves in their own family trees. Despite the tendency toward a more relational notion of parenting, elite men continued to portray themselves as benevolent fathers of the community who alone possessed the interpretative skills to use wealth and the luxury products of a globalized mercantile economy, including enslaved women, in a seemingly Christian fashion that met what they described as the “needs” of the family and the community.

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Notes

  1. 1.

    Besides the articles by McKee, other important research on medieval slavery in Italy and in Europe include the works of Barker, Epstein, Heers, Origo, Verlinden, Zamboni, and Zanelli, which are listed in Works Cited.

  2. 2.

    I am very grateful to Hannah Barker for allowing me to read the second chapter of her forthcoming book: “Difference and the Perception of Slave Status” in which she discusses the religious, ethnic, and linguistic categories used to justify slavery in Italy.

  3. 3.

    All quotations will be taken from Giuseppe Sansone’s edition of Il Reggimento. The translations are my own. “Guardisi ben che ‘l signor non la tocchi, / ché dalla donna aria guerra mortale /e alla fin(e) ne rimarria perdente” (149).

  4. 4.

    “Non lasso ancor dir d’alcun’altre / che servon mercatanti e più signori / in una casa sanza avervi donna: / se giovani sono o d’età comunale, / Dio le consigli, ch’io per me mi credo / ch’a gran periglio stanno / se voglion far buona vita per loro” (150).

  5. 5.

    “Però che queste cota’ servigiali / per lealtà e per guarder le cose / e per far buona e cauta masserizia, / secondo sé, avanzano ben suo stato” (150).

  6. 6.

    “Per questo modo porra’ tu venire / in tal grazia di lui, / che questa servitù ti sarà tale / che poco fia di lungi a libertade; / E s’egli avvien che libera ti face, / mentre che vivi farai reverenza, / onore a loro, ed amagli con fede, / sì che tu non tornassi in servitute …” (167).

  7. 7.

    “E vedi Libertà che l’amonisce / e dice che se vuol menar suo vita, / come porrà, per la via di valere, / porrà di serva libera venire, / però che tutte cose / ritornan finalmente a sua natura, / e servitute fu contra natura, / ché, di ragion natural, tutta gente / nasce in libertà e sol gente umana / indusser servitute, / come assai ben la legge ti chiara. / E fu indutta prima da Noè, / e fu cagion lo vino: / per che si legge che’egli è un paese / dove son molti servi / --in parte di Cathay— / che, per questa cagione, / hanno a nimico il vino / e non ne beon né voglion vedere” (165).

  8. 8.

    See Hanna Barker’s chapter on “Difference and the Perception of Slave Status” in her forthcoming book, especially page 43.

  9. 9.

    The first scholar to suggest that the three female figures could have been modelled on Mongol slaves is Iris Origo. See Origo 325.

  10. 10.

    See Origo 322. Origo quotes from Petrarch’s Rerum familiarium IV, 14.

  11. 11.

    The expression “Scythian faces” derives from the Petrarchan letter quoted at the beginning of this chapter. See Petrarch, Opere 956–58.

  12. 12.

    “son femine bestiali non’è tempo d’afidare la chasa a una lora pare; elle son femine da ‘n svorgiesi tosto al modo provenzale: chagi(o)na fa lladrone e femina puntana. Parmi che ccie interverebe chosì di chostei, ch’àe asai l’uomo di ghuardalla ed essere loro sopra senpre chapo” (Lettera 24.8.1389).

  13. 13.

    “--Marta, vien su: mona Lena ti vuole. / --Bienga, bagoccia! Che buoglia potrona? / Ni cci ò begliuta o mangliata buochona. / --De, vien su presto: non tante parole!” I have consulted both Mario Ferrara’s transcription of the poem and the manuscript Riccardiano 2725, f. 185v. I have made some small changes to Ferrara’s transcription and have translated it consulting his philological notes. However, while he accepts “bagoccia” as a form of “babbeo” meaning stupid, I adopted another possible meaning. I translated “bagoccia” as “vagoccia” indicating that that the slave is ironically calling the servant beautiful since the slave’s voice consistently substitutes “b” for “v” in the line. See Ferrara 320–324.

  14. 14.

    Here again I am indebted to Mario Ferrara’s suggestion that “bulivacca” is derives from “bulimacca” which is a pernicious weed or “bad seed.” See Ferrara 326.

  15. 15.

    For the transcription of the poem from the manuscript Barberiniano 3936 (XLV), 30, f. 39 v, see Ferrara 327. See also Origo 339. “O compania, andamosi a taverno, / e no ti cura: io voglio paga vina / e faite io buona compania. / Voglioti presta ancora una florina, / ch’io venduto uno tassa e un laterno / che furatosi io a patruna mia.”

  16. 16.

    “Del detto a una schiava / O spirito malignio o falso obgietto / O impia, maladetta alma schiavona! / O tempio ov’ogni vizio s’incorona! / Rigida, cruda, fiera ingrate aspetto! / Perché Vulcan non flumina il tuo petto? / Perché sopra di te folgor non tona? / O mia regina, figlia di Latona / de giela nelle vene il sangue infetto! / Do quanto è degnio che chi drieto cammina / a folle amor con isfrenata doglia / chi ben stimavo te stabil qual foglia. / Il cor mi si disnoglia / Sappiendo il viver delle tuo par tuttte. / Superbe ladre, meretricie, e ghiotte!” I have transcribed the poem from the manuscript Magliabechiano VII, 1171 ff. 104v–104r.

  17. 17.

    Questio.- Se uno schiavo o schiava, poi che è venuto di parte infedele e è fatto cristiano, puote essere venduto o debbasi comperare. Asolutio. – I’dico di sì. Non dée essere libero chi non crede ne la ricomperazione di Cristo. Ben che io abbia comperato lo schiavo e poi vegna a Battesimo, come servo e sottoposto viene al Batesimo; e interviene come a colui che è in pregione, che non può fare carta né a sua cautela né che vaglia. Poi la maggior parte sono come battezare buoi. E non s’intende pure per lo Batesimo essere cristiano; e non se’ tenuto di liberarlo, ben che sia cristiano, se non vuogli. Non dico che, se ‘l vedi buono e che abbia voglia d’essere buono cristiano, che tu non facci mercé di liberarlo; e così faresti male e peccato, avendo shiavo o schiava di rea condizione, come la magior parte sono, ben che fosse cristiano, di liberarlo; però che gli levi il bastone da dosso, e dà’ gli matera di fare ogni male.”

  18. 18.

    See Barker, “Difference” for an analysis of the connections between language and religion as well as the practice of giving Latin names at baptism and the possibility of rebaptisms.

  19. 19.

    “E qual maggior dolore / che veder la fancella / schiava balia ed ancella / damigella mostrarsi? / E li gentili con loro infardarsi, / e spesso amogliarsi / e far famiglia? / Chi qua chi là s’appiglia / e viene infrato.”

  20. 20.

    “Egli assentì; ed ella il suo signore / avea da parte fatto star celato, / sì ch’el vide ‘l maestro e vide ch’ella / il cavalcava con freno e con sella. / Ella fe’ me’ che mai donna facesse, / perch’al signor non restava di dire / ch’a le lusinghe d’amor non credesse…” (70). I cite Antonio Pace’s edition of the poem. The translations are my own.

  21. 21.

    “Che maraviglia è questa, che ciascuno / par che diletta le donne spregiare, / e quasi poi non si truova nïuno / ch’a la sua non si lasci cavalcare? / E sia qual vuole, o signore o tribuno / che non si volga per lo suo pregare? / Qual è più vil, da te saper vorrei, / O ella, o l’uom che si suppone a lei?” (79).

  22. 22.

    “Ver’è che quel che dice tua sentenza / avviene a’ tristi perchè sono lor pari; / Ma l’uom ch’è uomo pur si fa ubbidire / nè la sua lascia sopra sè salire” (80).

  23. 23.

    “O dirai tu di chi l’à buona e bella / e tienla a capital men d’una fava? / Anzi la tratt sì come fancella, / e giacesi da parte con la schiava? / Io ti ricordo che Dio volle ch’ella / de l’uom fosse compagna e non sì prava, / chè senza lor verrebb il mondo meno; / E però poni a la tua lingua freno” (81).

  24. 24.

    “Non so vedere per che cagione i filosofi e gl’altri uomini si dilettano di dispregiare tanto le femine, con ciò sie cosa che ‘l Signore del cielo e della terra degnò di venire in lei.”

  25. 25.

    “E quante femine veggian noi andare a sforzare gl’uomini ale letta loro e quante ne veggiamo andare commettendo omicidii, furti, falsitadi e ruberie? Certo per ogni femina che in alcuno di questi difetti cade, mille uomini vi sono caduti ….”

  26. 26.

    “O quanti asaliscono le donne [in] loro camere e quante ne sono state morte per non acconsentire?”

  27. 27.

    “Le schiave hanno vantaggio in ciascun atto / e sopra tutte l’altre buon partito; / Chè, s’alcuna dell’altre vuol marito, / gliel convien comperar secondo ‘l patto. / La schiava comperata è innanzi tratto, / non ha per matrimonio anello in dito; / Ma ella appaga me’ suo appitito / che la sua donna, a cui dà scaccomatto. / Ver è che ‘n casa dura più fatica, / com’è mestier da sera e da mattina; / Ma di vantaggio sua bocca notrica. / E se talvolta fa danno in cucina, / quasi non par ch’a lei si disdica, / come farebbe a una Fiorentina. / Uccida la contina / que’ che ‘n Firenze prima le condusse / che si può dir che la città distrusse.” The sonnet is edited in Ferri 196. Ferri cites the following manuscript as the source for the poem: Magl. VII, 8, 1145, f. 88a (Ant. Pucci).

  28. 28.

    I have used Peter Armour’s translation and his directions to find the inscription in Florence.

  29. 29.

    “... erone sette principali nazioni, le quali erono superiori a tutti loro; de le quali e primi erono chiamati Tartari; e da questa nazione pigliò el nome tutta Tartaria, però che questi erono più nobili e li più appregiati degli altri.”

  30. 30.

    “E quantunque questo imperadore non sia di presente Cristiano, niente di meno lui e tutti e tartari credono in Dio immortale e onnipotente.”

  31. 31.

    “Tutti questi baroni ànno corone d’oro sopra le teste loro, molto nobile e molte riche, lavorate di gran pietre preziose e di perle grosse orientale, e tutti son vestiti di drappi d’oro di Tartari ….”

  32. 32.

    Pucci, Cantari 5. “Questa reina di grande eccelenzia / era divota e amica di Dio: / viveva casta e facea penitenzia / segretamente sanza nïun rio.” All quotations are from Motta and Robins’s edition. The translations are my own.

  33. 33.

    Pucci , Cantari 38–40. “Lo’nperador corendo uscì di Roma / e disse alla sua gente: “Siate acorti / di prendere la reina per la chioma, / la strascinate in[f]ino dentro ale porti; / E ciascuno che di sua gente si noma, / pedoni e cavalieri, sien tutti morti; / le dame ignude tutte le spogliate, / e incontanente a Roma le menate.” Motta and Robbins note other versions of the text that use “incatenate” rather than “incontanente,” which seems to make more sense in this context (41).

  34. 34.

    Two modern editions of this tale are Andrea da Barberino L’Aspramonte edited by Luigi Cavalli and Andrea Fassò’s edition of the Cantari d’Aspramonte.

  35. 35.

    “Bertuccia” can also be used metaphorically to describe ugly, petulant women.

  36. 36.

    For a complete discussion of the early modern conception of and advice about nursing, see Bell 124–45.

  37. 37.

    “Che peggio si può fare a’ piccolo che porgli a petto delle tartere, saraine, barbere, o d’altra bestiale et furibonda natione, sanza riguardo di chi s’alieva?” (Palmieri 19).

  38. 38.

    “…piutosto pare bertucia che femina.” Letter dated February 22, 1391 from Pisa. Archivio di Stato di Prato, Fondo Datini.

  39. 39.

    “Della Ginevra non ti dare manichonia, perché credo di quello della ghola per aventura non farà chapo e non bisongnia, ch’io ti dicha, in perciò io so tu se’certo, io la ghoverno più che s’ella fossi mia e chosì la riputo mia; io non te n’ò volute dire nulla, perché so ài altre manichonie e non n’è istato di bisongnio: e’ rotto del chapo è pichola chosa, ma la paura mia è stata di questo della ghola: il maestro mi dice non crede facia chapo. Noi tengniamo i modi ci dice e non n’à auto né febre né nulla e non n’à perduto né mangiare né bere” (Lettera 1.12.1398).

  40. 40.

    “Risa la terra andò tutta a ruina, / Arse le case, e fu morta la gente; / La moglie di Rugier, trista, tapina, / Galacïella, dico, la valente, / Se pose disperata alla marina, / E gionta sendo al termine dolente / Che più il fanciullo in corpo non si porta, / Me parturitte, e lei rimase morta.” (Boairdo 804–05). Both the Italian and English quotations are from Charles Stanley Ross’s edition.

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Vitullo, J. (2019). In Bed with the Infidel: Fathers, Slaves, and Children. In: Negotiating the Art of Fatherhood in Late Medieval and Early Modern Italy. The New Middle Ages. Palgrave Macmillan, Cham. https://doi.org/10.1007/978-3-030-29045-0_6

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