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Introduzione alla geometria delle forme binarie

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References

  1. Vedi in proposito il rapporto di F. Meyer:Sullo stato presente della teoria degl' invarianti (trad. italiana di G. Vivanti) [Giornale di Mat.32, a37 (1893–98)]; in tedesco: Jahrb. D. Math. Ver.1 (1892).

  2. La curva razionale normale ed i suoi gruppi proiettivi. [Math. Ann.89, pp. 272–297.] Questo lavoro verrà nel seguito brevemente indicato conC.

  3. Il teorema di Faà di Bruno (vedi più avanti la citazione precisa) è del 1880: posteriore dunque alle celebriMemoirs upon quantics di Cayley e alle principali ricerche di Clebsch e Gordan.

  4. Nonostante l'impulso che ad essa poteva venire dal teorema (dimostrato da Roberts nel 1851) che un covariante è pienamente caratterizzato dal suo termine principale, il quale è contenuto in quello di Faà di Bruno.

  5. In molti trattati questa formula si trova scritta collo scambio dellex collex′. Ma si badi che allora tale scambio ha luogo anche nella corrispondente sostituzione (5) diC, mentre per noi, come si vedrà anche dal seguito, son più convenienti le convenzioni adottate.

  6. Cir. Enriques-Chisini,Teoria geometrica delle equazioni [Bologna, Zanichelli]1, n.o 13.—Capelli,Istituzioni di Analisi algebrica [Napoli, Pellerano, 1909], Cap. XXII, §11.

  7. Faà di Bruno:Sur un théorème général dans la théorie des covariants [Comptes Rend. de l'Acad. des Sc. de Paris90 (1880), pp. 1203–1205]. Per altre citazioni vedi il rapporto di F. Meyer II, C, b), γ).—Non si può in generale escludere che il procedimento indicato non introduca un fattore costante, per guisa che il termine principale di Φ non sia φ makφ: però si vede subito che nel caso della (3) quel fattore è 1.

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  8. L'omografiaa′ i =a n−i diS n , corrispondente allax′=1/x scambia tra di loro suC n i puntiU edO.

  9. Cfr. colle notazioni di Sylvester nel lavoro citato. La coppia (l, m) si suol chiamaregrado-ordine (degorder) del covariante.

  10. Insomma se una forma isobarica ϕ (a o a 1...a n-1) soddisfa all' equazioneXϕ=0 relativa a forme d' ordinen−1 soddisfa anche alla stessa equazione per forme d' ordinen e superiore, come risulta subito dalla struttura dell' equazione stessa. Questa osservazione è il punto di partenza della citata Memoria di Sylvester, ma come vedremo i covarianti conici si eran già presentati ai cultori del calcolo simbolico. Non mi risulta però che ne sia stato segnalato il significato geometrico.

  11. Questa formula può anche esser dimostrata senza fare appello alle relazioni fra ordine grado e peso, per una via numerativa abbastanza semplice, su cui per brevità sorvoliamo.

  12. Vedi p. es. Clebsch, Cap. VI e Cap. VII, § 85.

  13. Intendiamo cheA i sia uno (scelto arbitrariamente) tra i covarianti che hanno per residuoA i* .

  14. D'ora in poi l'indice superiore del simbolo d'un covariante indicherà la suaconicità, l'indice inferiore la dimensione dello spazio a cuiappartiene il covariante (non conico) di cui quello dato è proiezione.

  15. Il covarianteG ik s'intende relativo a forme d'ordinen maggiore o eguale adi ek.

  16. Sarebbe più in armonia colle notazioni introdotte al no 7 usare del simboloG i(n-i) , ma qui per semplicità ometteremol'indice di conicità (n-i). Vedremo che ciò non produrrà equivoci.

  17. Si vede subito che il rango diD n èn-1. Difatti una retta generica uscente daU incontra, fuori diU,n-1S n-2 osculatori diC n (classe dellaC n-1 proiezione).

  18. Che il rango dij sia 1, risulta subito dall' osservare che una retta generica uscente daU incontra fuori di,U una sola corda diC 4. Per persuadersene basta proiettare inS 3.

  19. I covarianti menzionati, esclusoG 4 ch'è superfluo, dànno com'è ben noto isistemi, completi, per le forme d' ordine 2,3,4. Riservandoci di tornare sulla questione, avvertiamo che, colle notazioni di Clebsch i covarianti considerati (esclusoG 4) sonof, D (forme quadratiche);R, f, Δ, Q (forme cubiche),i, j, f, H, T (forme biquadratiche).

  20. La lieve improprietà di linguaggio inerente all' impiego della parolaforma anche per polinomi non omogenei, è ben giustificata dall' uso, e dalla sua convenienza per gli sviluppi ed enunciati successivi.

  21. Cfr. Sylvester, p. 82–83.

  22. Cfr. Sylvester, p. 82.

  23. Tenuto, s'intende, opportuno conto dei fattori costanti, dai quali noi sempre prescindiamo: sicchè quando p. es. diciamo che Φ e ψ hanno lo stesso polare, intendíamo che valga l'identitàDϕ≡ Dψ a meno di fattori costanti.

  24. Supponiamo noto il teorema: Se Φ e ψ sono due covarianti dello stesso grado-ordine, anche Φ+λψ è un covariante. Esso può stabilirsi per via geometrica imitando il ragionamento del no 13 diC. Le trasformazioni di ω che lascian fissa ϕ+λψ=0 devono formare in ω un sottogruppoinvariante contenente il gruppo isobarico, dunque ω stesso, ecc.

  25. Circa le condizioni sotto cui a un covariante può applicarsi l' operazioneD −1 (cioè quel covariante può considerarsi come polare di un altro) rinviamo il lettore a quanto abbiam detto nei riguardi del problema d'inversione relativo ai residui, al no 10.

  26. Poichè gliX sono conici, il problema relativo riguarda in sostanza forme d' ordinen−1 e quindi rispetto allef n può in certo modo considerarsi come un problema di rango inferiore.

  27. Per maggiori dettagli cfr. il no 3 della mia Nota dell'Ist. Lombardo citata nell' introduzione di C.

  28. Cioè nessuna loro combinazione lineare a coefficienti costanti èidenticamente nulla rispetto alle x e alle a.

  29. Fano, loco cit., pag. 199. Non è da escludere che qualcuna di quelle curve si riduca ad un punto, che è allora imagine d'un covariante d'ordine zero, cioè d'uninvariante.

  30. Sylvester,Sur les actions mutuelles des formes invariantives dérivées [Journ. für Math.84 (1878) (pp. 89–114), p. 109]. Cfr. anche Stroh,Zur Theorie der Combinanten [Math. Ann.22 (1883), pp. 393–405]. Il teorema è stato esteso a più forme binarie da Study,Methoden zur Theorie der ternären Formen [Leipzig, Teubner (1889)], p. 100.

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  31. Un'altra dimostrazione della rappresentazione tipica speciale, che qui non esporremo, si trova nella IVa delle note lincee citate nell' introduzione di C.

  32. Qui ci torna comodo indicare il covariante conU avendo bisogno per il seguito della solita lettera Φ.

  33. La nostra definizione e il nostro procedimento si distaccano sostanzialmente da quelli che si riattaccano alla dimostrazione Hermitiana, sicchè la coincidenza dei nostriV i coi covarianti associati di Hermite domanda una verifica, che rinviamo alla fine di questo paragrafo.

  34. Hermite,Second Mémoire sur les fonctions homogènes à deux indéterminées [Journal für Mathematik52 (1856), S. 18–30], § 111. Vedi in proposito la chiara esposizione del trattato di Clebsch, Cap. VII, ed anche Gordan, parte III, § 34.

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  35. Clebsch, Cap. VII.

  36. Cfr. la Nota citata in. Il procedimento di questo A. ha taluni punti di contatto con quello del no 35 che però ci si è presentatoindipendentemente come spontanea conseguenza del teorema generale del no 34.

  37. Che il quoziente di due seminvarianti (divisibili)sia un nuovo seminvariante è pressochè evidente. e di immediata dimostrazione geometrica.

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Comessatti, A. Introduzione alla geometria delle forme binarie. Math. Ann. 90, 174–221 (1923). https://doi.org/10.1007/BF01455441

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