Estratto
Fin da quando mi ero iscritto alla facoltà di medicina, una cosa avevo chiara nella mente: che volevo fare e che avrei fatto ricerca scientifica, possibilmente nel campo dell’oncologia, delle malattie del sangue o di quelle del sistema immunitario. Per questo, già da studente, avevo appreso le tecniche dell’istologia, quelle relative allo studio del midollo osseo sano e patologico, quelle delle culture in vitro dei linfociti normali e attivati, fino allo studio dei cromosomi e le tecniche di microscopia elettronica. Inoltre avevo studiato in modo abbastanza approfondito l’anatomia patologica, vedendo ripetutamente migliaia e migliaia di vetrini per visualizzare bene le alterazioni dovute alle patologie sulle quali avrei voluto in seguito svolgere approfondimenti. Ero felice di studiare e imparare cose nuove e la ricerca non mi stancava, anzi mi divertiva, in quanto la mia curiosità era continuamente sollecitata e al tempo stesso appagata.
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(2008). Un batter d’ali in quel di Pavia. In: Il cancro e la ricerca del senso perduto. I blu. Springer, Milano. https://doi.org/10.1007/978-88-470-1074-1_2
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